Itinerari della devozione popolare
Nella campagna lo sguardo non incontra più ostacoli. La simmetria delle piantate, la vite maritata all’olmo, i filari di salici in riva ai fossati, le siepi, le alberate rive dei canali, le fontane naturali pronte a dissetare i contadini al lavoro sono ormai un lontano ricordo. La miseria e le tribolazioni di tante famiglie non hanno più testimoni.
Dalle facciate delle ultime case coloniche ci accompagna lo sguardo di silenti e sbiadite immagini sacre: nicchie ormai spoglie, sembianze consumate dal tempo, brandelli di colore, segni di un’antica devozione religiosa, così diffusa in questa campagna. Sono raffigurazioni di Santi e della Madonna, opera di pittori ed artigiani ambulanti, risalenti, in gran parte, a fine Ottocento.
Simboli assunti dal mondo contadino a protezione degli animali, dei raccolti, della casa ove si svolgeva l’intera esistenza della famiglia, dalla nascita alla morte. Un atteggiamento paganeggiante, tipico della società contadina che, nel corso dei millenni, si è saldato con la tradizione e la liturgia del Cristianesimo.
Sul territorio, si erge una sola maestà a cappella, risalente al XIX secolo, collocata all’imbocco di via Casetto e dedicata alla Madonna della Tosse, entrata nel gergo toponomastico come la Madonèina. Un delicato affresco in nicchia ritrae la Madonna con Bambino, davanti alla quale, nelle sere di maggio, si usava recitare il Santo Rosario. Alla Madonna si attribuisce il potere taumaturgico di guarire la tòsa catíva (pertosse), La maestà, restaurata nel 1993 dalla signora Anna Beltrami in Montanari, conserva anche un ex voto, risalente al 1856.
Da segnalare la memoria di diversi oratori sparsi nelle campagne, sorti per iniziativa privata, in gran parte risalenti al XVII secolo. Caprara ospitava l’oratorio della Visitazione di Maria Vergine, dopo il 1630, dedicato a san Rocco, nel 1875, ampliato e trasformato in chiesa della frazione. A poca distanza, si trovava l’oratorio di san Nicola, fondato dalla famiglia Nicoli nel 1680, inopinatamente abbattuto, intorno al 2009. Nella possessione Razza c’era un altro oratorio, di proprietà dei signori Silva, poi dichiarato pubblico nel 1681. Un altro era a Valle Re, dedicato all’Immacolata Concezione, ricco di arredi, altare con relativa pala, oltre a quattro ex voto, completamente depredato e distrutto. Anche Gualtirolo aveva il suo oratorio, risalente al XIX secolo, dedicato a Santa Maria della Neve, reminiscenza della preesistente antica chiesa di Santa Maria.
Tra le chiese di campagna non più esistenti ricordiamo: la chiesa di san Michele de Casteluzio (località Castellina) soggetta direttamente al vescovo di Parma e la chiesa di Santa Maria di Agrume, posta nella pieve di S. Eulalia e soggetta al monastero di S. Quintino di Parma che, con ogni probabilità sorgeva alle Case del Lago, ai confini con il comune di S. Ilario d’Enza. (Testo di Giovanni Cagnolati)