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Campegine: una storia scritta sull’acqua

Campegine: una storia scritta sull’acqua

Il toponimo Campegine è citato per la prima volta in un documento dell’anno 781, attribuito a Carlo Magno, con il quale si fissano i confini tra le diocesi di Parma e Reggio. Campicinum, con il significato di piccola campagna, Campigo, Campigene sono denominazioni che, come l’odierna, conservano il radicale latino campus (campo), per indicare appunto un luogo ove si trovano campi fertili. La medesima iconografia dello stemma comunale evidenzia le antiche origini agricolo-pastorali di questo territorio, la sua abbondanza di vegetazione e di risorgive naturali.

Su queste terre, ove due milioni di anni fa si stendevano le acque del golfo padano, il paesaggio ha subito nel corso dei millenni una vera e propria metamorfosi, per effetti naturali e a seguito di un’immane opera di bonifica e di controllo idraulico compiuta dall’uomo.

Fin dalla remota preistoria, sul territorio campeginese si sono succeduti insediamenti umani di grandi dimensioni, prevalentemente concentrati nelle aree centro occidentali, ove più numerose erano le alture e le sorgive di acqua potabile. Importanti e ricchi di testimonianze sono gli insediamenti del Neolitico in località Razza e i villaggi dell’Età del Bronzo in località Case Cocconi e Braglia.

Queste testimonianze sono conservate e fruibili presso i Civici Musei di Reggio Emilia. Particolare e importante è il ritrovamento di un ripostiglio di aes signatum, ossia di lingotti di rame o di bronzo contrassegnati con il simbolo del ramo secco, rinvenuti a Campegine dal prete e archeologo Gaetano Chierici, nel 1877. Si tratta di manufatti ritenuti una sorta di pre moneta dell’Etruria padana. Uno di questi esemplari di aes signatum proveniente dal territorio campeginese è esposto presso l’Ashmolean Museum of Art and Archeology di Oxford nel Regno Unito.

Nel corso dei secoli, in questi luoghi si sviluppò una civiltà agraria in origine modellata dalle tecniche dell’epoca romana, di cui restano leggibili le tracce della centuriazione e dell’imponente condotta sotterranea dell’acquedotto che dai laghi della Castellina portava acqua potabile a Brixellum (Brescello), importante presidio romano sul Po.

Nel periodo medioevale, dopo l’incuria che fece seguito alla caduta dell’Impero Romano, questi territori furono rigenerati dall’opera dei monaci Benedettini. I frati proseguirono il lavoro di risanamento delle paludi e di disboscamento, in particolare sui possedimenti di corte Gualtirolo, in parte donati loro dalla contessa Matilde di Canossa, trasformando quel presidio fortificato in una impresa agricola moderna e produttiva.

Nella seconda metà del Cinquecento, con la realizzazione del progetto idraulico voluto dal marchese Cornelio Bentivoglio, signore di Gualtieri, buona parte dei terreni della bassa padana furono recuperati e messi a coltura.

Anche la politica agraria degli Estensi, che governarono i territori reggiani per lunghi secoli, puntò a rendere salubre e produttiva la nostra pianura, facendo proprie le stesse innovazioni introdotte durante la breve parentesi del domino napoleonico.

Per lunghi secoli, le copiose acque sorgive del territorio rappresentarono una risorsa imprescindibile per l’agricoltura, ai fini irrigui, per il mantenimento delle risaie ed il funzionamento dei molini, tanto da originare aspre e storiche controversie per il loro diritto d’uso.

Campegine, nel corso della sua storia, se si escludono brevi e labili tracce di autogoverno nell’età comunale e nel periodo napoleonico, fece sempre parte di altre giurisdizioni. Anche per questo motivo nulla rimane di tre antichi castelli, di cui in diverse carte si fa menzione: Gualtirolo, Chiesa, Montanara (Valle Re) ai quali si può aggiungere un altro fortilizio in località Castellina. La formazione dell’attuale centro urbano iniziò lentamente a delinearsi solo dopo il 1859, con il compiersi dell’Unità d’Italia, quando, con decreto del dittatore Luigi Carlo Farini, il Comune fu definitivamente eretto in ente autonomo, mettendo fine alla sua secolare condizione di villa del feudo estense di Castelnovo Sotto.

Quella di Campegine è una storia di popolo, assurto a protagonista in diverse drammatiche circostanze, basti ricordare la rivolta contro la tassa sulla macinazione dei cereali del 1869, l’episodio più cruento di una serie di moti a livello nazionale, quando sulla piazza caddero otto cittadini, colpiti dal fuoco dei granatieri della Guardia Civica. Significativo fu anche il grande sciopero alla fornace del Lago che, nel 1913, per oltre un mese, richiese la presenza sul territorio di un nutrito contingente di forze dell’ordine.

I due conflitti mondiali spezzarono la vita di tanti campeginesi mettendo a dura prova le famiglie del paese. Coraggiosa ed emblematica la vicenda della famiglia Cervi che, durante la Resistenza, si oppose con ogni mezzo al regime fascista, pagando con la fucilazione dei sette figli di Alcide e Genoveffa Cocconi.

Proprio in virtù di questa forte connotazione sociale, il tessuto urbano campeginese, se si esclude villa Fulcini-Giacobazzi, semplice residenza estiva della nobile famiglia al servizio degli Estensi, non presenta tracce di palazzi o dimore gentilizie. Sono invece ben conservate, le strutture architettoniche d’inizio novecento delle storiche sedi del movimento cooperativo, importante radice sociale del nostro comune, alimentata dalle idee del nascente Partito Socialista, in dura contrapposizione con le aggregazioni sociali cattoliche.

Di grande interesse sono i luoghi del sacro: la Parrocchiale di San Pietro apostolo, già notabile pieve nel 1200, e la chiesa di S. Rocco a Caprara, secolare luogo di devozione. La trama della memoria storico-architettonica ed ambientale trova, tuttavia, la sua compiuta espressione nella campagna con le grandi corti di Valle Re e Gualtirolo, gli oratori, le immagini religiose, con gli agglomerati bracciantili, le case coloniche, la rete di cavi e canali che attraversano splendidi lembi di natura, soprattutto in prossimità delle caratteristiche sorgenti naturali, segni inequivocabili di una millenaria civiltà agricola.

Le illustrazioni comprendono: una carta topografica e idrografica dei territori di Campegine e Castelnovo Sotto risalente al 1877 che evidenzia le risorse idriche e la rete di opere idrauliche di questi luoghi; l’immagine dell’antico municipio di Campegine ai primi del Nocevento, simbolo dell’autonomia del Comune. (Testo di Giovanni Cagnolati)

 

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